Vita di San Cono e storia sulla fondazione

Nascita e primi anni

Correva l’anno del Signore 1139 regnante Ruggero II (1112 - 1154). Era il 3 giugno. In una agiata famiglia della cittadina di Naso, compiuto il tempo necessario, la signora Claudia o Apollonia Santapau diede alla luce un bambino.

Il lieto evento fu motivo di duplice grande gioia sia perché, come in tutte le famiglie, la nascita di una nuova creatura porta in se stessa una nota di letizia che riempie la casa e sia perché, attardati com’erano negli anni, i genitori videro finalmente spuntare l’erede, colui che avrebbe continuato nel tempo il casato dei Navacita dando ancora maggiore lustro al gentiluomo Normanno, e in quell’epoca governatore di Naso, Anselmo Navacita.

Era come un’alba nuova , foriera di grandi speranze e di corposi progetti futuri che i due coniugi sognavano come se fossero già realizzati.

Portato al fonte battesimale molto presto, come si usava e si usa ancora nelle buone famiglie cristiane, il bambino fu chiamato Conone , un nome che già suonava di grandi e mirabili cose.

I coniugi Claudia e Anselmo Navacita tutto potevano pensare tranne quello che in effetti poi accadde.

Man mano che il bambino cresceva, curato nei minimi particolari ed educato, oltre che moralmente, secondo i canoni della condizione sociale e del patriziato del tempo, in lui si notavano tuttavia segni e atteggiamenti particolari, volti più alla Chiesa, alla preghiera, alla mistica anziché ai raduni e convegni mondani, sia pure leciti, come si conviene a famiglie agiate e socialmente elevate.

 

Vocazione

Però, malgrado tali atteggiamenti non conformi allo "status" della famiglia, da essa non fu ostacolato perché nessuno pensava ciò che di lì a poco sarebbe accaduto di importante e sconvolgente.

Conone, a 15 anni suonati, si trova come al solito in chiesa per ascoltare la Messa. Segue con molta attenzione e massimo raccoglimento. Alla lettura del Vangelo di S. Matteo resta colpito da una espressione: "Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me" (Mt 10,37).

È talmente turbato che impallidisce, cade in ginocchio, congiunge le mani, prega, piange.

Ha inizio così una lotta tremenda col suo cuore perché da un lato si sente trasportato a seguire Cristo, dall’altro non si sente di separarsi dai genitori, tanto buoni e amorevoli con lui, e di abbandonare la casa che l’ha visto crescere nell’agiatezza circondato da un ambiente moralmente sano.

Ma il dardo d’amore lanciato da Dio continua il suo corso misterioso .

Qualche giorno dopo Conone partecipa ancora una volta al sacrificio della Messa e sente sempre più martellanti altre parole del Vangelo che lo feriscono profondamente "Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" ( Lc 9,23); "Chi non rinunzia a tutto quello che possiede, non può essere mio discepolo" (Lc 15,33).

 

Nel Monastero di S. Basilio

La scelta è fatta. Il giovane Conone seguirà il Signore.

L’unico ostacolo che dovrà superare è quello dei genitori i quali non appena venuti a conoscenza dallo stesso figlio restano attoniti e senza parole, prima, decisamente contrari opponendosi in tutti i modi, dopo. Però, la voce di Dio non si può eludere.

Nonostante siano rimasti turbati e delusi per le mire che nutrivano per l’avvenire del figlio, le cui insistenze sembravano anche misteriose, i genitori alla fine acconsentono sia pure col cruccio interiore di separarsi dal figlio e di modificare i loro piani familiari.

Così Conone assai giulivo si reca presso il Monastero di S. Basilio a poca distanza da Naso, espone il suo desiderio e fermo proposito al Padre Superiore e, benevolmente accettato, entra in quel Monastero.

Nel giorno prefissato si spoglia delle sue vesti e indossa gli abiti religiosi, mentre i suoi genitori genuflessi in un angolo della Chiesa piangono commossi.

Qui comincia il poema d’amore che Conone scrisse giorno dopo giorno.

Amore alla preghiera, di giorno e di notte preferibilmente davanti a Gesù Sacramentato. Ama il sacrificio, la penitenza e non disdegna il cilicio.

In perfetta ubbidienza gradisce anche i servizi più faticosi e più umili. Tutti ne restano ammirati ed edificati.

Fatta la professione solenne viene mandato al convento di Fragalà che sorge nei pressi del Comune di Frazzanò dove alla guida di San Silvestro da Troina e San Lorenzo da Frazzanò vive ancora più intensamente la vita religiosa distinguendosi sempre nella pratica delle virtù e mostrando attitudine allo studio con notevoli risultati.

Tale fu il progresso globale che i Superiori non esitarono un solo istante a proporgli, prima, e a imporgli, dopo, di accedere al Sacerdozio cosa non comune a quei tempi soprattutto negli ordini monastici in seguito all’umile rifiuto dell’interessato.

 

Grotta di Rocca d’Almo

Ordinato Sacerdote rifulge ancor più nelle virtù e nella dottrina tanto da diventare il consigliere di tutti per ogni evenienza. Diventò quasi un simbolo per tutto l’Ordine di S. Basilio.

Amante però com’era della vita contemplativa, con preghiere e suppliche ottenne dai Superiori il permesso di vivere nella solitudine di una grotta dove poté finalmente dar sfogo a flagellarsi giorno e notte nella preghiera nutrendosi di erbe selvatiche e dormendo sul nudo terreno.

Agli attacchi scatenati da Satana per distoglierlo da così tanta penitenza, egli resistette in modo eroico tanto da ricevere da Dio come consolazione e conforto nella dura lotta visioni ed estasi celestiali.

La sua fama si diffuse ben presto, e per tutti coloro che venivano a trovarlo sapeva trovare la parola giusta.

 

Viene eletto Abate

Intanto l’Abate del Convento S. Basilio dovendosi assentare per molto tempo non trovò di meglio che invitare il Padre Conone Navacita a sostituirlo.

Così Conone ritornò, suo malgrado, in Convento tra la gioia di tutti, essendo già notoria la sua fama.

Giacché, poi, il Superiore per ulteriori imprevisti non poteva più tornare in Convento, tutti i confratelli ad unanimità e con grande gioia elessero Conone come Abate malgrado la sua giovane età.

In tale periodo per motivi a tutti sconosciuti, il Convento dovette trasferirsi presso la Chiesetta di S. Michele Arcangelo che sorgeva dove attualmente si trova la Parrocchia di S. Cono, senza minimamente allentarsi il fervore spirituale di tutti i frati al punto che il Monastero nel nuovo sito veniva da tutti additato "la riunione degli spiriti eletti" verso cui accorrevano con maggiore facilità e soddisfazione dei Nasitani infermi e anime bisognose.

 

Pellegrinaggio in Terra Santa

Con l’andar del tempo matura in lui l’idea di visitare i Luoghi Santi.

Ottenuti i dovuti permessi intraprende un faticoso e lungo viaggio alla volta di Gerusalemme emulo di tanti Padri della Chiesa e soprattutto spinto irresistibilmente dal vivere in prima persona un’esperienza unica in quei luoghi che furono teatro della vita, della passione, della morte e resurrezione di Gesù Cristo.

Enorme fu l’emozione e profondi i sentimenti da meritare anche visioni di Gesù Crocifisso.

Nel viaggio di ritorno si ferma maggiormente nelle Calabrie dove profonde tanto bene e dove viene acclamato come santo.

Non appena arrivato a Naso gli viene comunicata la triste notizia della morte di ambedue i vecchi genitori avvenuta a breve distanza l’uno dall’altra durante il suo pellegrinaggio. Ne resta profondamente scosso, ma accetta tutto con la rassegnazione dei Santi.

In più, essendo rimasto l’unico erede di un cospicuo patrimonio, lo vende dando l’intero ricavato ai poveri per onorare decisamente la sua rinunzia a tutto per amore del Signore.

 

Nella Grotta di San Michele

Spoglio così di tutto, dopo una breve permanenza nel Monastero si ritira definitivamente in una grotta detta di S. Michele, quasi attigua al Cenobio ma del tutto isolata.

Qui riprende la vita di eremita in una maggiore ed intima unione con Dio e nello spirito di una più rigorosa penitenza non tralasciando di beneficare i suoi amati concittadini e quanti da vicino o da lontano chiedevano aiuti per i loro bisogni soprattutto spirituali.

Ma dinanzi a questi uomini straordinari, dinanzi a questi eroi di sacrificio e penitenza il demonio non dorme e non ha pace tentando in tutti i modi a distruggere tutto il bene che è possibile.

Vi era in quel periodo una giovane fanciulla di nobile casato ma non di altrettanto nobile animo. Caduta in peccato con un giovane senza scrupoli rimase nel disonore e nell’ignominia che col passar del tempo si andava delineando sempre più. Non potendo ormai nascondere l’accaduto e dinanzi alla sorpresa e alla furia dei genitori, essa non esitò di incolpare l’Eremita pur nella sua tarda età e di cui tuttavia correva fama di santità.

Fu una sorpresa allucinante e la notizia corse più veloce dei lampi tra il parentado e gli increduli cittadini di Naso.

Denunziato al Governatore della città fu prelevato a forza dalla grotta dove trovavasi in silenziosa meditazione e trascinato come uno snaturato davanti al Giudice il quale non rimanendo convinto delle pacate risposte dell’Eremita che, negando, affidava tutto alla volontà di Dio, lo condannò a perenne vergogna ad essere spogliato nudo e fustigato in pubblica piazza. Fu trascinato così tra la folla che nel frattempo si era radunata, tra chi per un verso piangeva quasi di vergogna e chi inveiva per un linciaggio immediato e sbrigativo.

Quale non fu, però, la sorpresa di tutti quando, denudato, apparve agli occhi di tutti un corpo esile, emaciato, impiagato, coperto di cilicio ai fianchi e al petto, con le carni in qualche punto a brandelli e piene di vermi perché già putrefatte.

No. Non era possibile che quel sant’uomo si fosse macchiato di tanto peccato. Fu uno sbigottimento generale e un silenzio profondo. Alcuni corsero alla casa del Governatore che immediatamente venne, vide, capì e si prostrò in ginocchio a chiedere perdono.

La vergogna e l’umiliazione si trasformò all’istante in un clamoroso trionfo di un popolo osannante che in massa lo riaccompagnò alla stessa grotta donde era stato ingiustamente prelevato.

 

Morte Preziosa

Stava ormai per compiere 97 anni. Era il 28 marzo 1236, regnante Federico II di Svevia e I di Sicilia (1198 - 1250).

Un Venerdì Santo.

Ad un tratto insolitamente si sente il suono delle campane suscitando lo stupore e la curiosità di tutti i Nasitani che intuendo qualcosa di straordinario accorrono in massa davanti alla grotta rifugio dell’Eremita.

Lo stupore fu ancora maggiore quando tutti s’accorsero che le campane erano suonate da sole e che il santo, così ormai veniva acclamato, era in estasi, sollevato da terra, già morto.

Clamore, confusione, grida di giubilo, preghiere , lacrime.

Celebrate le esequie con afflusso straordinario di fedeli fu inumato nella stessa grotta e in un secondo tempo traslato nell’attuale cripta della Parrocchia di S. Cono dove tuttora viene venerato, mentre la sua fama valicò i confini sia del paese che della Regione.

Sin dai primi giorni, infatti, fu acclamato Santo dal popolo che ne venerava la memoria.

Non esiste il Decreto di canonizzazione. Si sa soltanto che Papa Urbano VIII (1623-1644) con Decreto 16.02.1630 della Sacra Congregazione dei Riti stabilì di celebrare la festa il 3 giugno con Rito doppio e l’ottava, e la traslazione il 1° settembre di ogni anno sempre con Rito doppio.

In seguito Papa Pio VI (1775 - 1799) con Decreti 26.9.1786, 3.7.1790 e 26.9.1790 concedeva al Clero di Naso rispettivamente l’Ufficiatura e la S. Messa .

Ad ogni modo, sia pure trattandosi di un Santo venerato solo in una Chiesa locale, San Cono è un Santo di un notevole spessore che così possiamo sintetizzare:

 

1) Il Santo della Preghiera

Un fascino particolare che sente fin da piccolo tanto da essere chiamato "l’amico del Tabernacolo". Fascino che cresce a dismisura durante la vita religiosa tanto da avere il grande dono delle estasi e delle visioni.

 

2) Il Santo della Penitenza

Seppe rinunciare al mondo coi suoi piaceri, col suo chiasso, coi suoi divertimenti.

Amò la penitenza e il sacrificio, ritirandosi nella grotta di Rocca d’Almo, prima, e in quella di S. Michele, dopo, sopportando eroicamente i rigori del freddo, cibandosi delle erbe di campo e flagellando il suo corpo fino al sangue.

 

3) Il Santo del Perdono

Ad imitazione del Divino Maestro, quando la fanciulla che lo aveva ingiustamente calunniato e di cui abbiamo già accennato si ammalò e fu posseduta dal demonio, i di lei genitori sia pure umiliati, confusi e disperati a lui ricorsero e ai suoi favori. Il Santo, memore soltanto di amare e perdonare, ottenne da Dio la guarigione per la fanciulla che liberata dal demonio tornò come prima lodando il Signore e riconoscente a S. Cono.

Così pure quando il figlio del Governatore di Naso, quel Governatore che lo aveva ingiustamente condannato alla fustigazione pubblica, fu colpito da terribile apoplessia, incurabile a tutti i rimedi allora conosciuti, anche egli per intercessione magnanime del Santo venne perfettamente guarito.

 

4) Il Santo dei Miracoli

 

a) In Vita

Durante la permanenza del Santo nella grotta di Rocca d’Almo, un pio gentiluomo soleva mandargli di tanto in tanto delle vivande. Un giorno d’estate mandò col cibo anche due fiaschi di vino. Lungo la strada il servo, vinto dal caldo e dalla tentazione, tracannò una parte del vino nascondendo il fiasco mezzo vuoto in un cespuglio pensando che l’Eremita non avrebbe immaginato nulla.

Quale non fu invece la sua sorpresa quando, arrivato come altre volte davanti alla grotta e porgendo il cibo e un solo fiasco al Santo, si sentì da questi aspramente rimproverare essendo già a conoscenza di tutto.

Con la raccomandazione di non farlo più e di non cedere mai alla tentazione, il Santo diede al servo un bastone per il ritorno col quale avrebbe dovuto difendersi da un serpente che avrebbe trovato attorcigliato attorno al fiasco nascosto. Ciò che puntualmente avvenne. Da quel luogo scaturì una fonte d’acqua che si chiama "Fontana del Criato" (cioè del servo).

Mentre si trovava in Terra Santa converte e riduce a penitenza un Religioso che per quanto da tutti fosse ritenuto come santo, era in realtà un simulatore e un ladro. Visitato dal Santo il Religioso si trovò quasi soffocato da un serpente che gli stringeva la gola, e liberato, sia pure umiliato e tremante si prostrò in ginocchio, confessò i suoi peccati promettendo di devolvere in pie istituzioni tutto il maltolto.

Al ritorno dalla Terra Santa, esattamente a Galatro, nelle Calabrie, guarisce un giovane paralitico sin dalla nascita. I di lui genitori, fatto ricorso invano a tutti i mezzi della scienza, non appena sanno della presenza del Monaco che godeva già fama di santità, a lui si rivolgono. Il Santo invita prima i genitori ad andare a Messa e dopo invita anche lo stesso giovane sia pure paralitico. Questi incredulo ma fiducioso, con un semplice sforzo riesce ad alzarsi ed andare anche lui in Chiesa con grande meraviglia di tutti.

 

b) Dopo Morte

La Contessa Susanna Gonzaga, moglie di Pietro II Cardona Conte di Golisano e Signore di Naso, a Napoli contrasse una grave malattia. Consigliata dai medici, tornò in Sicilia nella speranza che l’aria natia potesse guarirla. Al contrario, arrivata a Messina la sua salute peggiorò ed essa manifestò il desiderio di recarsi alla tomba di San Cono per ottenere da lui la guarigione . A Naso arrivò morente per cui fu solo portata nel palazzo baronale dove tutti attendevano la sua fine. Con un fil di voce lei fa capire agli astanti che occorreva tentare con le Reliquie del Santo. Queste vengono portate in processione davanti alla contessa la quale alla presenza delle Reliquie guarisce istantaneamente e, rivestitasi, si accoda anche lei in processione verso la tomba del Santo.

Il 1° settembre 1610 un giovinetto dodicenne, Antonio Accioli, colpito alla testa da un calcio di cavallo muore con il cranio fracassato tra le grida disperate dei genitori e di quanti assistettero alla disgrazia. Immediatamente si portò la cassa con le Reliquie del Santo a contatto col corpo freddo del giovinetto, ed ecco il miracolo: Antonio si ridestò come da un brutto sogno. Aveva miracolosamente riacquistato la vita.

Molti altri simili prodigi sono narrati a pag. 170 del libro di A. Portale, op. cit..

Sono da notare in modo particolare le guarigioni del mal d’orecchi tanto che la stessa "Università di Naso" nella supplica inviata al Pontefice Urbano VIII chiese che San Cono venisse dichiarato protettore di questi organi.

 

 

 

c) Patrocinio

È tradizione comune che San Cono libera la sua città e i devoti:

Dalla Peste. Tutte le varie volte in cui la Sicilia è stata colpita da questo terribile flagello (1267; 1518; 1575; 1624; 1887) i danni nella città di Naso sono stati sempre contenuti;

Dalla Fame. In una delle tante carestie che hanno colpito la Sicilia, nel 1471 fu dirottata una nave carica di frumento verso Capo d’Orlando donde il frumento fu trasportato verso Naso;

Dalla Guerra. Nel 1545 durante la guerra tra gli Spagnoli di Carlo V e i Francesi di Francesco II, in favore degli ultimi vennero i Turchi capitanati da Ariodemo Barbarossa, il quale incutendo terrore dovunque passava come un secondo Attila, si diresse alla volta di Naso dove i cittadini, atterriti, si erano asserragliati ricorrendo all’intercessione del Santo. Sembrava che l’assalto dei Turchi dovesse prendere il sopravvento quando inaspettatamente i nemici si diedero alla fuga e il popolo di Naso cantò vittoria.

L’episodio venne attribuito ad una apparizione di San Cono.

Dai Terremoti. Molte volte nei secoli essi hanno seminato panico e rovine nelle nostre contrade lasciando decine e centinaia di cadaveri sotto le macerie. È sufficiente ricordare quelli del 1693, del 1756, del 1823, del 1908, del 1967, del 16 aprile 1978, del 13 dicembre 1990. Naso ha avuto i suoi danni ma senza perdite umane.

Dal Fulmine. Nel 1916 un fulmine colpì fragorosamente il pilastro destro della Chiesa mandandolo in frantumi. Molto fu il panico ma i fedeli numerosi raccolti nella Chiesa furono tutti sani e salvi.

 

d) Diffusione del Culto a San Cono

Nella città di Naso, nel sec. XV venne eretto un Tempio in onore di San Cono dove il Santo nacque , visse e morì e che fu consacrato solennemente il 3 giugno 1511. In una cappella della cripta si trovano tuttora le ossa del Santo tranne quelle di un braccio che si custodiscono nella Cappella delle Reliquie, nella Cattedrale di Palermo, dove peraltro sin dal 1236, anno della morte di San Cono, venne diffuso il culto al Santo ad opera dei Padri Basiliani.

Nella stessa Palermo, nella Chiesa di Porto Salvo si trova una pala d’altare, dipinta da Vincenzo degli Azani inteso il De Pavia o il Romano, raffigurante S. Cono seduto e rivestito dei paramenti per la Messa.

Anche a Messina esiste un quadro raffigurante S. Cono Abate nella Chiesa di S. Agostino. L’opera è del pittore Andrea Subba.

In molti altri paesi della Sicilia, diffuso il culto di S. Cono dagli stessi Padri Basiliani sparsi nei vari Monasteri, esistono dipinti o statue del Santo di cui esistono anche molti toponimi.


La stessa cosa può dirsi per la regione Calabria dove il culto del Santo fu incrementato probabilmente in seguito al miracolo del giovane paralitico di cui si è accennato in precedenza.

 

Il Paese: Storia e leggenda sulla fondazione

Il paese di San Cono fu fondato nel 1785 per opera del marchese Ottavio Trigona Bellotti. Esso prende il nome da San Cono Abate, anche se le ragioni di tale denominazione non sono del tutto chiare; secondo Padre Gesuita Ignazio Mario Piccolo, il feudo "fu appellato Cono perché posseduto a principio dalla famiglia Santapau consanguinea del Santo" e la stessa notizia viene riportata dallo storico Carlo Incudine, ma non vi sono documenti che provino questa ipotesi. Ottavio Trigona (seppur impegnato nell'amministrazione di Piazza Armerina) non trascurò mai gli interessi del feudo di San Cono. Il marchese vi fece costruire a spese proprie una Chiesa e 60 case, dove accolse persone da ogni parte della Sicilia con la promessa della casa e un pezzo di terreno da coltivare; pertanto, molti uomini che avevano problemi con la legge risposero al proclama del marchese per rifarsi una vita. Ottavio Trigona chiese ed ottenne la licentia populandi e, poco dopo, provvide alla costruzione della Chiesa di San Cono.

 

 

A spiegare il toponimo del paese e le ragioni della fondazione, storicamente incerti, vi è una leggenda popolare. Si racconta che, un giorno, il marchese Trigona ricevette visita da un Frate di Naso che apparteneva all'Ordine di S. Basilio per acquistare una partita di frumento. Non potendo pagare in denaro, il Frate lasciò come pegno al marchese un prezioso anello che portava al dito, con la promessa che avrebbe poi saldato il debito. Caricò quindi il grano sul mulo e partì. Ma dopo tanto tempo il Marchese, non avendo più ricevuto visita dal monaco (e cominciando a dubitare della sua buona fede), decise di recarsi personalmente a Naso per chiedere informazioni; tuttavia nessuno seppe dirgli nulla. Ma alla fine, su una parete di un Convento, trovò il frate raffigurato in un quadro: era San Cono, morto più di cinque secoli prima. Convinto di aver assistito ad un miracolo, decise di fondare un paese e di dargli il nome del Santo.

 

FONTI:

http://www.parrocchie.it/sancono/maria/sancono.htm

Vincenzo Firrarello, Santo Cono. Storia di un antico feudo e nascita di una comunità. 2014

Arciprete A. PORTALE, La città di Naso in Sicilia e il suo illustre figlio S. Cono Abate. Tip. V. Bellotti, Palermo, 1938.

O. CAIETANO, Vitæ Sanctorum Siculorum, Panormi, apud Cirrillos, MDCLVII, pp. 200 - 202.
N.B. Il CAIETANO nelle: "Animadversiones in vitam S. Cononis Monachi", a p. 67, trae notizie riportate da diversi autori tra cui l’Abate F. MAUROLICO, l’illustre matematico, e G. MUCCIONE, Gesuita di Naso.)